Citiamo un estratto del racconto del miracolo del Crocifisso esposto dal P. Filocalo Caputo nel suo volume “Il Monte Carmelo” 4 ed., Napoli 1683, così come egli lo ha desunto da una pergamena antica che era conservata nell’Archivio del Convento (detta pergamena è citata anche dal P. Pier Tommaso Moscarella nella Cronistoria del Carmine; da Francesco di Rosa nel Lib. de’ Miracoli della Madonna del Carmine di Napoli; da Tommaso Costo nell’Annotazioni sul Lib. 6 del Collennuccio; da un religioso dello stesso convento (forse P. Mariano Ventimiglia) nell’Istoria delle Miracolose Immagini della Gran Vergine Madre Maria del Carmine e del Santissimo Crocifisso, Napoli, 1769). Nella seconda metà del 1700, detta pergamena fu ricopiata, e oggi la si conserva ancora, sebbene sia alquanto danneggiata.
Del miracoloso successo del
Santissimo Crocifisso posto nella regale chiesa
di S. Maria del Carmine di Napoli
Si ritrova nella Chiesa di Santa Maria del Carmine di Napoli, un’antichissima Imagine del Santissimo Crocifisso, di tanta rara scultura quanto può a ogni devoto desiderarsi di vederlo al naturale: è questa sacrata Imagine scolpita nel legno ma con tal maestria coverto, che non si può così facilmente giudicare se sia di gesso, ò veramente di stucco, essendo quella materia grossa, e soda; è di proporzionata statura, quanto può essere un’huomo perfetto, di delicatissime membra, di faccia veneranda, che apporta riverential timore, e somma divotione à chi lo mira; è posto in Croce in sembianza del nostro Redentore, quando vivo in Croce parlava all’Eterno Padre; hà li capelli non già di scoltura, ma di seta cruda, di color d’oro alla Nazarena usanza; il corpo è ben composto, e estenuato, che al vivo rappresenta li grandissimi tormenti, e flagelli, ch’hebbe nel tempo della sua Passione; tiene nel capo la Diadema, sotto del quale v’è la corona delle spine, sì che qualunque persona il mira ritrova in quella sacra Imagine il vero ritratto di Cristo Crocifisso. (…)
Nell’anno 1439, mentre che Alfonso Rè d’Aragona teneva il campo nelle palude di Napoli assediando la medesima città, dispose per battere la Città le sue bombarde, tra le quali ve n’era una grossissima chiamata la Messinese (…); avvenne, che un Giovedì alli 17, d’Ottobre del medesimo anno ad ora di Terza non altrimente, che far soleva comandò il fratello del medesimo Rè, chiamato l’Infante, che quella bombarda Messinese drizzata fusse al dritto contro la Tribuna di detta Chiesa, tal che la medesima bombarda tormentò le mura della Città e della predetta Tribuna, e le ruinò; facendo cascar per terra la corona di spine della sacra Imagine del detto Crocifisso, e molti de’suoi capelli.
All’hora l’istessa devotissima Imagine, acciocchè non permettesse l’Onnipotente Iddio, che offesa rimanesse, miracolosamente chinò il capo, e la rotonda pietra della bombarda, sì come chiaramente si vede, rimase finendo il suo impetuoso corso sopra la porta della Chiesa, rompendo il muro, e fermandosi sopra un certo tavolato. (…)
Il seguente giorno del Venerdì, nella medesima hora di Terza, siccome soleva l’Illustrisimo Infante con cinque Cavalieri, tra li quali era il predetto Conte di Fundi; venne a sollecitare le sue bombarde, e principalmente quella chiamata Messinese, erano all’hora dentro questo Monasterio molte bombarde parate per difesa, trà quali ve n’era una chiamata la bombarda pazza; all’hora uno fuori della compagnia di questa custodia, vedendo dal Monasterio quei Cavalieri essere nimici, subito appicciò fuoco alla bombarda pazza, il cui suono sentendo l’Infante, e prevedendo la pietra di quella, che andava per ucciderlo, si diede alla fuga, la pietra della bombarda primariamente percosse l’arena, doppo battendo l’Infante, li tolse il capo, frangendolo per mezzo, il cavallo del quale per lo spazio di un quarto d’ora essendo spaventato, fuggendo trasportò il corpo dell’Infante ora in uno, e ora in un altro luogo. (…)
Dopo nell’anno 1441, il medesimo Rè Alfonso, ritornando all’assedio, pose il campo all’incontro di Napoli, sopra una collina, ove si dice Campo Vecchio e comandò à tutti i soldati, che niuno di loro havesse ardire indirizzar bombarde contro la Chiesa e Monasterio di S. Maria del Carmine, havendosi esso Rè collocato nella mente il predetto miracolo come fu infallibilmente eseguito continuò l’assedio il sudetto Rè Alfonso, il quale nel 1442 di giorno di Sabbato, il secondo giorno di Giugno dopo due ore soggiogò la Città di Napoli, la quale fu fino da quel tempo sotto il suo Imperio; seguendo la Domenica ad hora del Vespro, il Rè con grandissimo trionfo se n’entrò nella Venerabile Chiesa del Carmine per vedere il miracolo del Santissimo Crocifisso, à cui s’adorò divotamente, Lui l’Illustrissimo Indico d’Avololos gran Siniscalco del Regno suo Germano e altri due de’ Magnati, che assisterono al Rè, con grande ossequio l’additorno il luogo da dove era venuta la palla della bombarda. (…) Comandò Sua Maestà, che il predetto gran Siniscalco salisse su la scala per vedere il Crocifisso, e per sapere se il collo del Crocifisso era sano, e intiero; il gran Siniscalco visto il tutto con esquisita diligentia, riferì qualmente era sano, e senza humano artifico.(…)
Il medesimo Rè Alfonso, prima che da questa ad altra vita passasse, ricordandosi di questo miracolo, diede ordine, che alla Sacra Imagine del Crocifisso se gli facesse un sontuoso Tabernacolo, del che n’hebbe cura un certo Maestro Antonio Curata, e essendosi il Rè nel fine della sua vita, sapendo che il Tabernacolo non era ancora finito, lasciò nel suo ultimo testamento, che subito si fusse perfezionato.